Trasferimento del paziente verso la testiera del letto.

Paziente parzialmente collaborante.
Un operatore.
Paziente supino:
se si utilizza una sola gamba, il paziente punta il piede sul letto all'altezza del ginocchio, prende la staffa, se presente, o il profilo della testiera del letto con una o due mani, e si solleva.
Operatore:
si pone dal lato dell'arto inferiore più debole del paziente, con le ginocchia flesse e leggermente divaricate, o con un ginocchio poggiato sul letto;
pone le mani sotto il fianco del paziente e, al via, lo aiuta nello spostamento.
N.B. Non inclinare o cifotizzare la colonna. Trasferire il peso sugli arti inferiori.

Paziente non collaborante, con peso non superiore ai 60 Kg.
Due operatori.
Variante:
Paziente supino.
Operatori:
nel caso di trasferimento da eseguire in assenza di traversa o lenzuolo, è consigliabile utilizzare le seguenti istruzioni operative.
Ciascun operatore si pone di fronte al collega, con le gambe divaricate e leggermente flesse;
posiziona una mano sotto la spalla del paziente, comprendendone il capo e si aggancia al collega, l'altra mano sotto la coscia;
entrambi gli operatori sollevano e trasferiscono il paziente verso la testiera del letto.
Se il paziente ha un minimo controllo delle anche, si può sistemare un cuscino tra la pediera e i suoi piedi per facilitare l'appoggio di questi ultimi sul materasso.
N.B. Non inclinare o cifotizzare la colonna. Trasferire il peso sugli arti inferiori.
Variante:
Paziente supino.
Rotolare il paziente sul fianco, inserire una traversa o un lenzuolo piegato a metà in modo da comprendere la parte del corpo del paziente che va dal capo al bacino;
posizionare il paziente supino e ruotarlo dall'altro lato per estrarre la traversa;
rimetterlo in posizione supina.
Due operatori.
Porsi uno di fronte all'altro, a base allargata e ginocchia flesse, oppure con un ginocchio sul letto per avvicinarsi al carico;
eseguire la presa della traversa con ambedue i palmi delle mani rivolti in basso in opposizione all'altra vicino al bacino, tenendole il più possibile vicino al corpo del paziente;
sollevare e trasferire il paziente verso la testiera del letto.
E' possibile ridurre l'attrito degli arti inferiori, attraverso l'utilizzo di un cuscino o meglio ancora di un rotolo di gommapiuma densa posto sotto le ginocchia.
N.B. Non inclinare o cifotizzare la colonna. Traferire il peso sugli arti inferiori.

Paziente non collaborante con peso elevato.
Usa il sollevatore, se non è disponibile esegui l'operazione utilizzando teli ad alto scorrimento e chiedi l'aiuto di altri operatori. In assenza di entrambi gli ausili seguire la seguente istruzione operativa.
Paziente supino.
Utilizzare il lenzuolo che si trova sotto il corpo del paziente o inserirlo se manca.
Quattro operatori.
Si posizionano in coppia, due per ciascun lato del letto;
ciascun operatore afferra una porzione di lenzuolo arrotolato il più possibile, costruendo una specie di barella;
posizionano le mani in corrispondenza della zona del capo e della spalla, fianco, bacino e ginocchio;
gli operatori che si posizionano al lato del capo, possono salire con un ginocchio sul letto per avvicinarsi al carico.
N.B. Non inclinare o cifotizzare la colonna. Trasferire il peso sugli arti inferiori. Il mancato utilizzo dei teli di scorrimento, comporta per gli operatori l'esecuzione di un sollevamento forzato in quanto la traversa di cotone non riesce ad eliminare l'attrito del corpo sul materasso.
L'utilizzo dei teli ad alto scorrimento evita agli operatori l'esecuzione di operazioni di sollevamento e consente di eseguire il trasferimento dei pazienti con decubiti, senza causare sfregamento delle zone ulcerate, in quanto si spostano i teli e non il corpo.

"Presa" per l'esecuzione di cambi di postura a letto e rotolamento paziente da supino alla posizione sul fianco.

Avvicinamento del paziente all'operatore con presa controlaterale.
Un operatore.
L'operatore può posizionare gli arti inferiori a base allargata o con un piede davanti all'altro di fronte al fianco del letto; oppure salire con un ginocchio sul letto, per avvicinarsi al carico.
Variante consigliata:
posiziona una mano sotto la spalla, l'altra sotto il bacino.
Variante:
posiziona una mano sotto il bacino, l'altra sulla parte esterna del ginocchio flesso e accavallato; questa variante può essere utilizzata se il tronco è sufficientemente flessibile.
Variante:
posiziona una mano sotto la scapola, con l'altra, passando attraverso la parte mediale delle cosce, esegui una presa del gluteo controlaterale.

Il rotolamento del corpo del paziente in avvicinamento, avviene principalmente grazie ad un aggancio del paziente attraverso le varie prese citate e per uno spostamento all'indietro del bacino dell'operatore, che partendo dalla posizione in piedi arriva quasi seduto, per risalire, alla fine del rotolamento, in piedi senza incurvare la schiena.
N.B. Mantenere sempre l'asse fisiologico della colonna senza cifotizzarla, aiutandosi con la flessione delle anche per avvicinarsi al carico.


Allontanamento del paziente dall'operatore con presa omolaterale.
Un operatore.
L'operatore può posizionare gli arti inferiori a base allargata o con un piede davanti all'altro, per avvicinarsi al carico.
Variante consigliata:
posiziona una mano sotto la scapola, l'latra sotto il bacino.
Variante:
posiziona una mano sotto la scapola, l'altra sul lato esterno del ginocchio flesso del paziente.
Variante:
posiziona una mano sotto il bacino, l'altra passando attraverso la parte mediana delle cosce, si aggancia al piatto della coscia controlaterale.

Il rotolamento del corpo del paziente in allontanamento, avviene principalmente grazie allo spostamento in avanti del tronco dell'operatore a seguito della presa e della spinta delle gambe.
N.B. Evitare di estendere il rachide.

Tutte le operazioni di avvicinamento o di allontanamento, possono anche essere eseguite da due o più operatori, qualora le condizioni del paziente lo richiedano(es: obeso, non collaborante, ecc..).
In questo caso gli operatore si posizionano dallo stesso lato o uno di fronte all'altro, eseguono le stesse istruzioni operative viste per l'operatore singolo, sistemando le mani nelle zone della spalla, del fianco, del bacino e del ginocchio.
Se si utilizza un letto ad altezza variabile, sarà opportuno posizionarlo all'altezza dei fianchi dell'operatore più basso.

Preparazione ergonomico-posturale dell'operatore alla movimentazione del paziente allettato.

L'operatore si posiziona davanti al letto del paziente ed esegue le segue le seguenti azioni a seconda delle esigenze della situazione.
Posizione degli arti inferiori:
  • a base allargata, con i piedi paralleli e le ginocchia leggermente flesse
  • a base allargata. con un piede in avanti rispetto all'altro
  • un piede a terra, a ginocchio leggermente flesso, mentre l'altro ginocchio sta appoggiato sul letto. 
N.B. La schiena rimane sempre in asse. Non eseguire cifotizzazione, inclinazioni o torsione del tronco.
Posizione degli arti inferiori per eseguire trasferimenti di carico laterali:
  • a base allargata, con i piedi paralleli; all'inizio del movimento la gamba direzionale parte estesa, mentre l'altra parte flessa con la schiena in asse.
N.B. La schiena rimane sempre in asse. Non eseguire cifotizzazioni, inclinazioni o torsione del tronco.

Preparazione del paziente ai cambi di postura a letto.
La preparazione ergonomica del paziente consente all'operatore, ove possibile, di ottenere uno spostamento del corpo del paziente più efficace e meno faticoso, in quanto è questi idealmente trasformato, con la preparazione, in un cilindro.
Paziente parzialmente collaborante.
Preparazione del paziente in posizione supina:
  • capo: ruotare il capo nella direzione del rotolamento;
  • braccia: dirigere le braccia nella direzione del rotolamento;
  • arti inferiori: mantenere esteso l'arto che fa da perno al rotolamento; l'altro si flette sino all'altezza del ginocchio, con appoggio del piede sul materasso.
Paziente non collaborante.
Preparazione del paziente in posizione supina:
  • capo: ruotare il capo in direzione del rotolamento;
  • braccia: dirigere le braccia nella direzione del rotolamento;
  • arti inferiori: mantenere esteso l'arto inferiore che fa da perno al rotolamento; anche l'altro rimane in estensione, ma accavallato sul primo.
N.B. In caso di esiti di interventi ortopedici o patologie neurologiche, è importante proteggere la sede articolare da rischi di dislocazione o movimentazione dolorosa, inserendo un cuscino tra le ginocchia del paziente durante il trasferimento, mantenendolo in sede durante tutto il tempo necessario per il raggiungimento della nuova posizione.

Criteri di valutazione per la movimentazione dei pazienti senza ausili.

In questo post suggerisco alcune istruzioni operative corrette, relative alle manovre più frequenti eseguite da operatori sanitari, famigliari e volontari che assistono persone non autosufficienti. Attenendosi a queste istruzioni si abbassa notevolmente il rischio ed aumenta il livello di qualità della prestazione, in quanto comportano molta attenzione verso il paziente ed uno speciale riguardo per se stessi come operatori.
Criteri di valutazione per la scelta della metodologia operativa.
Obiettivo della movimentazione:
  • riabilitativo-educativo: privilegerà una tecnica che stimoli il paziente ad essere quanto più autonomo possibile;
  • preventivo: rispetto alle complicanze derivanti dall'immobilità (lesioni da decubito, retrazioni tendinee, sindrome da immobilizzazione);
  • esecutivo: per permettere l'esecuzione di un'azione infermieristica (igiene, terapia iniettiva, ecc..).

Variabili da valutare.
Metodo di valutazione del paziente:
  • indiretto: attraverso la consultazione della documentazione di reparto: diario clinico, cartella infermieristica e medica, consegne o schede di valutazione;
  • diretto: attraverso l'apposita richiesta di atti di collaborazione semplici per sondare la qualità delle risposte che il paziente è in grado di produrre.
Tipologia di paziente:
  • collaborante
  • parzialmente collaborante
  • non collaborante.
Tipo di dipendenza:
verificare il livello di dipendenza del paziente in esame, che può essere: funzionale-cognitiva-appresa-naturale.
Dipendenza funzionale:
  • da  paralisi: tetraplegia, paraplegia, emiplegia, monoparesi;
  • da blocchi articolari: artrosici, da retrazione tendinea, da P.O.A. ossificazione delle parti molli, presenza di busti o tutori;
  • da divieto di carico: dopo fratture, inserimento protesi, ecc..;
  • da presenza di ipertono: in questo caso viene richiesto al paziente di non eseguire movimenti che richiedono uno sforzo intenso;
  • da presenza di dolore: nei pazienti chirurgici, artrosici, artritici, ecc..
Dipendenza cognitiva:
  • da deficit della comunicazione: sordità, afasia (spesso l'afasico oltre a non parlare ha difficoltà a comprendere e non può leggere, nè scrivere), lingua madre;
  • da deficit della comprensione: il paziente può essere confuso (disorientato nel tempo e nello spazio), affetto da demenza, acritico ( più pericoloso per l'eventualità di incidenti perchè in genere iperattivo, ma del tutto inadeguato  a valutare le proprie capacità in modo obiettivo);
  • da coma: nessun canale di comunicazione utilizzabile, apparenza, con il paziente. In ogni caso mantenere attivo il piano della comunicazione, come se questi fosse presente ed operare in maniera sostitutiva nella movimentazione;
  • da paura: in questo caso bisogna tenere presente che il contatto con il paziente può dar luogo a reazioni diverse da quelle richieste: improvvise e non di rado aggressive; in genere comunque rischiose per l'operatore e per il paziente stesso.
Dipendenza appresa:
  • abitudine alla dipendenza: dovuta ad eccesso di interventi totalmente sostitutivi da parte dei aprenti (in particolare quelli più sensibili che non riescono a sottrarsi ad alcun tipo di richiesta;
  • da percezione negativa delle proprie capacità: depressione, negativismo nelle comunicazioni.
Dipendenza naturale:
  • bambini fino ai 3-5 anni.

Valutazione dell'operatore:
  • capacità fisiche: forza muscolare, assenza o presenza di patologie;
  • capacità di relazione con i pazienti: patologia psichiatrica, confusione mentale, deficit di comunicazione (ad esempio con estranei o gli afasici);
  • capacità professionale: analisi delle competenze con eventuale coinvolgimento di altre figure professionali; livello di formazione.

Valutazione della struttura:
  • presenza o meno di spazio sufficiente per eseguire correttamente le manovre richieste;
  • presenza di barriere architettoniche.

Scelta della tecnica.
Valutazione del tipo di approccio al paziente:
  • totalmente sostitutivo: -manuale: valutazione della necessità/disponibiltà di aiuto da parte di altri operatori; -con l'uso di ausili ove presenti;
  • di parziale supporto riabilitativo-educativo: si priviligerà una tecnica che stimoli il malto ad essere quanto più possibile autonomo (è previsto il coinvolgimento dei famigliari);
  • misto.
Caratteristiche della tecnica:
  • appropriatezza rispetto all'obiettivo;
  • aderenza a linee guida aziendali o protocolli e istruzioni operative di reparto;
  • semplicità e velocità di esecuzione;
  • successo in sicurezza;
  • partecipazione del paziente (auto-care, soddisfazione personale);
  • minore sforzo possibile (sia per il paziente che per gli operatori).

Controllo e valutazione dei risultati:
  • economicità: tempo, risorse, personale;
  • sicurezza: del paziente e dell'operatore;
  • vissuto del paziente: verificare l'accettazione e l'adesione da parte del paziente alla tecnica proposta.

Regole fondamentali.
Comunicazione con il paziente per ottenere la collaborazione:
  • non avere atteggiamenti dubbiosi, insicuri;
  • non mostrarsi ansiosi;
  • non essere autoritari ma autorevoli;
  • se si agisce in coppia, non si devono evidenziare contrasti o contraddizioni, il più esperto e formato dei due assume il controllo cell'azione e delle comunicazioni.
Ergonomia:
predisporre al meglio l'ambiente prima di ogni attività:
  • liberare uno spazio sufficiente, tenendo conto del paziente, degli operatori e degli ausili necessari;
  • disporre a portata di mano tutto il materiale necessario.
Attenzione all'imprevisto:
il paziente può:
  • non comprendere le istruzioni;
  • non volerle eseguire;
  • scivolare;
  • provare un dolore improvviso;
  • avere una reazione di panico;
  • avere una contrazione involontaria;
  • avere un malore (ipotensione);
  • suscitare reazioni di tipo auto-protettivo nell'operatore;
  • avere problemi igienici (perdita improvvisa di urina o feci, vomito, catarro,saliva);
  • avere una risposta anomala al dolore (paziente che si aggrappa disperatamente, diventa violento).

Sinoviectomia della mano e del polso.


Nelle patologie reumatiche si forma un tessuto ipertrofico a livello sia delle articolazioni sia delle guaine dei tendini. Nelle articolazioni, questo tessuto, detto "panno sinoviale", riveste ed erode la cartilagine articolare, avviando e perpetuando il processo distruttivo articolare.
A livello delle guaine tendinee, il panno riveste il tendine, aderendovi ed erodendolo lentamente fino alla rottura.
La sinoviectomia e' un'intervento chirurgico che ha un significato preventivo, deve essere eseguito nelle fasi della sinovite per prevenire la rottura dei tendini e il danno articolare. Concede comunque un beneficio transitorio, perche' il panno si riforma, ma consente un periodo di benessere al paziente.
A livello del polso e della mano le sinoviectomie sono eseguite a livello dei tendini flessori ed estensori (tenosinoviectomia), a livello dell'articolazione del polso, a livello delle metacarpofalengee e interfalangee prossimali.
Un'ecografia della regione da operare puo' fornirfe una conferma diagnostica, particolarmente nel caso di tenosinoviectomia.
L'intervento consiste in un'incisione dell'area sinovitica, seguita da una capsulotomia per accedere all'articolazione, in caso di sinovite articolare, e dall'asportazione del tessuto sinoviale, separandolo dalle strutture circostanti.
In caso di tenosinoviectomia si accede all'area sinovitica dorsale o palmare (mobilizzando il nervo mediano se si trova nel canale carpale) e si libera il tendine dal panno, facendo attenzione a preservare il tendine.
In caso di tendine gia' rotto, si esegue una trasposizione del tendine rotto su uno sano adiacente, in quanto la sutura diretta del tendine rotto mon e' efficace per la degenerazione dei monconi.
E' importante eseguire un'accurata emostasi, perche' il tessuto sinoviale ha tendenza a sanguinare.
L'intervento viene eseguito in anestesia locale p plessica e alla fine viene applicato un bendaggio compressivo da mantenere fino alla rimozione dei punti.
La mobilizzazione precoce e' estremante importante in question pazienti, che sono soggetti all'instaurasi  di rigidita'.
Il post-operatorio si svolge attraverso le seguenti tappe:
  • medicazione dopo 7 giorni
  • rimozione dei punti a 2 settimane
  • ripresa delle attivita' lavorative non manuali alla rimozione dei punti
  • ripresa dell'attivita' lavorativa manuale dopo circa 15 giorni dopo la rimozione dei punti.
Non vi sono controindicazioni assolute. Nei pazienti scoagulati e' necessario sospendere l'anticoagulante embricandolo con altri prodotti a minore rischio di sanguinamento post-operatorio.
Nelle fasi avanzate della malattia reumatica la sinoviectomia non ha alcun significato per motivi anzidetti.
Complicanze:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi
  • danni vascolari
  • rottura di tendini
  • cicatrici dolorose, pruriginose, o cheloidee
  • recidiva.


Rizoatrosi.

La rizoartrosi e' un processo degenerativo a carico di un'articolazione alla base del pollice: la trapezio-metacarpale. Questo processo determina dolore al movimento del pollice, difficolta' alla prensione degli oggetti e graduale deformita'.
Nelle fasi iniziali, la patologia puo' essere trattata conservativamente, utilizzando splint, terapie fisiche e mediche. Nelle fasi piu' avanzate il paziente generalmente richiede l'intervento per via dell'impotenza funzionale della mano.L'intervento chirurgico puo' essere differente a seconda del tipo di paziente, della gravita' della patologia, del tipo di preferenza chirurgica dell'operatore.
Sostanzialmente esistono tre tipi di intervento chirurgico: le artropalstiche, le artroprotesi e le artrodesi.
L'artroplastica si propone di ricostruire l'articolazione degenerata utilizzando dei tendini adiacenti. Ne esistono di diversi tipi r il concetto e' quello di utilizzare la tensione dei tendini per riposizionare la base  del primo metacarpo nella sua sede naturale, dopo aver resecato l'articolazone degenerata (parzialmente o con una resezione di tutto il trapezio). Inoltre i tendini possono essere utilizzati come spaziatori biologici, interponendosi dove precedentemente vi ea l'articolazione.
L'artroprotesi e' ovviamente la sostituzione dell'articolazione con materiali bio-compatibili articolati tra loro per consentire il movimento e fissati all'osso per pressione (press-fit) o attraverso cemento.
Benche' sempre nuove protesi vengano immesse sul mercato, non ve ne e' ancora una accettata universalmente, poiche' i problemi di mobilizzazione precoce non sono ancora stati risolti infatti nei principali Centri di riferimento le protesi sono ancora poco utilizzate.
L'atrocentesi e' la fusione definitiva di trapezio e primo metacarpo, annullando cosi' il movimento e il dolore. Il movimento del pollice e' parzialmente vicariato dalle articolazioni adiacenti.
In linea generale, nella maggior parte dei Centri si predilige l'
artroplastica nelle persone che richiedono manualita' piu' fine, l'artrodesi per I lavoratori manuali pesanti. E' importante ricordare al paziente che l'artroplastica puo' non essere un intervento definitivo, richiedendo una revisione negli anni successivi.
In caso di artroplastica, l'intervento consiste in un'incisione a livello della base del pollice (dorsale o palmare a seconda della tecnica) seguita da un'apertura dell'articolazione, una resezione delle superfici articolari danneggiate con eventuale asportazione del trapezio, l'utilizzo di una parte di un tendine adiacente per riposizionare la base del metacarpo in sede, sfruttando la sua elasticita', l'eventuale interposizione di tendine nello spazio articolare.
In caso di artroprotesi, viene resecata la superficie articolare e posizionata la protesi dopo la preparazione dei monconi ossei con un apposito strumentario.
In caso di artrodesi, dopo la resezione delle superfici articolari, I due monconi vengono giustapposti e fissati con una placca o con dei fili metallici.
L'intervento viene eseguito in anestesia generale o plessica e alla fine viene applicato un'immobilizzazione del polso e della mano, per una durata piu' breve in caso di artroplastica e atroprotesi (2-3 settimane), fino alla consolidazione in caso di artrodesi (generalmente 4-5 settimane).
Il post-operatorio si svolge attraverso le seguenti tappe:
  • medicazione dopo una settimana
  • rimozione dei punti a due settimane
  • rimozione dell'immobilizzazione a seconda del tipo di intervento.
Non vi sono controindicazioni assolute. Nei pazienti scoagulati e' necessario sospendere l'anticoagulante embricandolo con altri prodotti a minore rischio di sanguinamento peri-operatorio.
Nei pazienti molto anziani i sintomi sono generalmente diminuiti e la richiesta funzionale e' bassa. L'intervento e' quindi generalmente sconsigliato.
Complicanza:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi
  •  danni vascolari
  • danni tendinei o tendiniti
  •  cicatrici dolorose, pruriginose o cheloidee
  • graduale collasso della plastica con necessita' di reintervento.
Le complicanze dopo un intervento di artroprotesi per rizoatrosi possono essere:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi
  • danni vascolari
  • danni tendinei
  • cicatrici dolorose,pruriginose o cheloidee
  • mobilizzazione protesica
  • lussazione protesica
  • intolleranza alla protesi
Le complicanze dopo un intervento di atrocentesi per rizoatrosi possono essere:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia rilessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi
  •  danni vascolari
  • danni tendinei
  • cicatrici dolorose, pruriginose o cheloidee
  • mancata consolidazione dell'artrodesi con necessita' di reintervento
  • intolleranza ai mezzi di sintesi
  • rottura dei mezzi di sintesi.

Compressione del nervo ulnare al polso e al gomito.

Il nervo ulnare innerva l-anulare e il mignolo, e la compressione dello stesso determina dolore e parestesie a tale livello.
Se la compressione si protrae a lungo nel tempo, la degenerazione del nervo puo' portare a deficit irreversibile del nervo con tipico atteggiamento a cosi' detta "mano benedicente", con la flessione dell'ulnare e del mignolo.
Il nervo ulnare puo' essere compresso a livello del gomito, nel canale cubitale, che decorre tra l'olecrano e l'epitroclea dell'omero. oppure a livello del polso, nel canale del Guyon, che si trova mediamente al canale carpale.
Le cause della compressione possono essere molteplici.
A livello del gomito si puo' avere un vagismo marcato dell'articolazione, l'esito di una frattura pregressa frattura con consolidazione viziosa o presenza di osteofiti, la formazione di un ematoma in seguito a un trauma.
A livello del polso possono verificarsi processi espansivi, aneurismi dell-arteria ulnare o semplicemente un restringimento del canale stesso per processi infiammatori.
L'esame che consente di porre diagnosi, oltre ovviamente alla valutazione clinica, e' l'elettromiografia, procedura che determina se la compressione a livello del polso o del gomito, qual e' lo stato di degenerazione del nervo, e quindi la prognosi; un nervo compresso per molti anni ha infatti scarse capacita' di recupero, anche con l'intervento chirurgico (fatto che [ importante ricordare al paziente).
L-intervento consiste in un-incisione a livello del polso o del gomito, nella liberazione del nervo sofferente dal processo compressivo e conseguente neurosilisi del nervo stesso (liberazione dalle aderenze).
L'intervento viene eseguito in anestesia plessica e alla fine viene applicato un bendaggio compressivo da mantenere fino alla rimozione dei punti.
Il post-operatorio si svolge attraverso le seguenti tappe:
  • medicazione dopo una settimana;
  • rimozione dei punti a due settimane;
  • ripresa delle attivita' lavorative non manuali alla rimozione dei punti;
  • ripresa delle attivita' lavorativa manuale circa quindici giorni dopo la rimozione dei punti.
Non vi sono contrindicazioni assolute. nei pazienti scoagulati e' necessario sospendere l'anticoagulante embricandolo con altri prodotti a minore rischio di sanguinamento post--operatorio.
Nei casi in cui clinicamente  e attraverso l'elettromiografia si documenta una totale denevrazione, l'intervento potrebbe non dare beneficio alcuno.
Complicanze:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi (collaterali o il nervo ulnare stesso)
  • danni vascolari
  • cicatrici dolorose, pruriginose o cheloidee
  • recidiva.

Cisti artrogena del polso.


Le cisti artrogene del polso sono tumefazioni del polso a contenuto sinoviale che possono ubicarsi sulla parte dorsale o palmare e sono collegate con l'articolazione da un peduncolo. Insorgono spontaneamente o dopo un lieve trauma del polso e si modificano di dimensioni con il tempo, ingrossandosi o restringendosi fino a scomparire, per poi tornare dopo qualche tempo.
Provocano dolore durante i movimenti del polso e possono comprimere strutture vascolari e tendinee senza pero' causare danni alle stessa generalmente. Non hanno tendenza alla degenerazione neoplastica, essendo in realta' estroflessioni o ernie della capsula articolare e non neoformazioni.
La rimozione delle cisti e' indicata se sono causa di disturbo o se sono particolarmente voluminose. Deve essere reso noto al paziente che ci e' una tendenza alle recidive, dopo la rimozione chirurgica.
E' estremamente importante eseguire una corretta diagnosi prima dell'intervento. Un'ecografia della lesione puo' nella maggior parte dei casi, individuarla e distinguerla da altre patologie con sintomi simili. Non bisogna esitare ad approfondire con ulteriori accertamenti se la diagnosi ecografica non e' certa. Altre lesioni di natura differente, possono causare tumefazioni al polso: per esempio un aneurisma dell'arteria radiale puo' assomigliare a una cisti artrogena del polso.
Recentemente alcuni autori hanno descritto la rimozione della cist per via artroscopica. indubbiamente si tratta di una prospettiva interessante, anche se solo in pochi Centri viene eseguita. Il vantaggio e' un incisione chirurgica piu' piccola e sembrerebbe mi nor tendenza alla recidiva, poiche' si riesce ad aggredire la cisti dalla sua origine all'interno dell'articolazione. Deve essere  sottolineato che attualmente la procedura e' piu' indaginosa e I tempi chirurgici sono un po' lunghi.
l'intervento consiste in un incisione a livello della cisti, dorsale o palmare, nell'isolamento della stessa dalle strutture circostanti, facendo attenzione a preservarle, e nell'asportazione fino al peduncolo articolare, che generalmente origina dal legamento scafolunato. L'esame istologico generalmente non e' necessario.
L'intervento viene eseguito in anestesia plessica, poiche' un'anestesia locale non  raggiungerebbe l'articolazione, alla fine vien applicato un bendaggio compressivo da mantenere fino alla rimozione dei punti.
Il post-operatorio si svolge attraverso le seguenti tappe:
  • medicazione dopo una settimana
  • rimozione dei punti a due settimane
  • ripresa delle attivita' lavorative non manuali alla rimozione dei punti
  • ripresa delle attivita' lavoartive manuali circa quindici giorni dopo la rimozione dei punti.
  • Non vi sono controindicazioni assolute. Nei pazienti scoagulati e' necessario sospender l'anticoagulante embricolandolo con altri prodotti a minore rischio di sanguinamento post-operatorio.
Complicanze:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi o di tendini
  •  danni vascolari
  • cicatrici dolorose, pruriginose o cheloidee
  • recidiva, complicanza piu' frequente.

Correzione di dita in griffe del piede.

Si tratta di una deformita' dell'avampiede caratterizzata dall'estensione dell'articolazione interfalangea prossimale delle dita del piede con falangi intermedia e distale flesse plantarmente.
Le cause sono varie, anche legate all'uso di calzature molto costrittive; spesso si associa all'alluce valgo. Pur potendo colpire qualunque raggio del piede, il dito maggiormente interessato e' il secondo.
In alcune gravi malattie come le paralisi neuromuscolari o cerebrali le ita in griffe sono presenti.
Clinicamente si manifesta con dolore e presenza di callosita' al dorso del secondo dito e/o sotto la pianta del piede in corrispondenza della testa del metatarso interessato.
il trattamento del dito a martello , quando grave e sintomatico, e' cruento e consiste nella resezione della testa della prima falange del segmento interessato. Il dito cosi' accorciato puo' essere fissato e stabilizzato in correzione con un filo metallico.
L'intervento viene quasi sempre eseguito in anestesia loco-regionale, ovvero anestesia del solo arto inferiore, o talora in anestesia generale e il ricovero prevede degenza di una sola notte.
La rimozione dei punti di sutura avviene dopo 15 giorni dall'intervento. Generalmente dopo 30 giorni dall'intervento vien rimosso il filo di K. previa radiografia di controllo.
Non sussistono controindicazioni  specifiche all'esecuzione dell'intervento a esclusione dell'eta' dell malto, delle condizioni generali o della presenza contemporanea di altre patologie del piede che controindichino il trattamento.
Complicanze:
  • infezioni superficiali e profonde
  • trombosi venosa profonda ed embolia polmonare
  • danni nervosi o vascolari per lesioni iatrogene di nervi o vasi
  • cicatrici cheloidee
  • accorciamento del raggio, alterazione dell'asse del dito
  • dolore persistente
  • zoppia
  • recidiva. 

Morbo di Motta, o dito a scatto.


Il morbo di Motta (dito a scatto) e' una patologia piuttosto frequente che coinvolge i tendini flessori a livello del palmo della mano. Puo' colpire senza preferenze un dito qualsiasi della mano.
I tendini flessori scorrono al di sotto di ponti fibrosi (pulegge) che  mantengono tali tendini vicini al piano osseo, per un miglior funzionamento degli stessi.
A1) puo' diventare stenotica, impedendo il corretto scorrimento dei tendini flessori e causando cosi' una dolorosa sensazione di scatto del dito, fino al vero e proprio blocco dello scorrimento con impossibilita' di mobilizzazione.
Il trattamento e' chirurgico e prevede l'apertura del canale e la liberazione tendinea (tenolisi).
L'infiltrazione di steroidi puo' determinare un beneficio temporaneo che, in caso di rimozione del fattore causale, puo' risolvere il problema. D'altra parte, gli stessi steroidi di deposito possono provocare una degenerazione tendinea e devono essere usati in modo limitato (massimo due infiltrazioni locali).
L'intervento consiste in un incisione a livello della base del dito interessato dal problema, seguita da una sezione della puleggia A1 e da una verifica dello scorrimento dei tendini sottostanti, con la liberazione degli stessi da eventuali aderenze.
E' opportuno limitarsi alla sezione della puleggia A1 e non alle altre pulegge per evitare il distacco del tendine dal piano osseo e la cosi' detta "corda d'arco".
L'intervento viene eseguito in anestesia locale e alla fine vien applicato un bendaggio compressivo da mantenere fino alla rimozione dei punti.
Il post-operatorio si svolge attraverso le seguenti tappe:
  • medicazione dopo una settimana
  • rimozione dei punti a due settimane
  • ripresa delle attivita' lavorative alla rimozione dei punti.
  • Non vi sono controindicazioni assolute. In caso di infezioni locali e' opportuno posticipare l'intervento alla risoluzione delle stesse.
Complicanze:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi (nervo collaterale digitale)
  • danni vascolari
  • cicatrici dolorose, pruriginose o cheloidee
  • recidiva
  • fenomeno della corda d'arco.

Compressione del nervo ulnare al polso e al gomito.

Il nervo ulnare innerva l-anulare e il mignolo, e la compressione dello stesso determina dolore e parestesie a tale livello.
Se la compressione si protrae a lungo nel tempo, la degenerazione del nervo puo' portare a deficit irreversibile del nervo con tipico atteggiamento a cosi' detta "mano benedicente", con la flessione dell'ulnare e del mignolo.
Il nervo ulnare puo' essere compresso a livello del gomito, nel canale cubitale, che decorre tra l'olecrano e l'epitroclea dell'omero. oppure a livello del polso, nel canale del Guyon, che si trova mediamente al canale carpale.
Le cause della compressione possono essere molteplici.
A livello del gomito si puo' avere un vagismo marcato dell'articolazione, l'esito di una frattura pregressa frattura con consolidazione viziosa o presenza di osteofiti, la formazione di un ematoma in seguito a un trauma.
A livello del polso possono verificarsi processi espansivi, aneurismi dell-arteria ulnare o semplicemente un restringimento del canale stesso per processi infiammatori.
L'esame che consente di porre diagnosi, oltre ovviamente alla valutazione clinica, e' l'elettromiografia, procedura che determina se la compressione a livello del polso o del gomito, qual e' lo stato di degenerazione del nervo, e quindi la prognosi; un nervo compresso per molti anni ha infatti scarse capacita' di recupero, anche con l'intervento chirurgico (fatto che [ importante ricordare al paziente).
L-intervento consiste in un-incisione a livello del polso o del gomito, nella liberazione del nervo sofferente dal processo compressivo e conseguente neurosilisi del nervo stesso (liberazione dalle aderenze).
L'intervento viene eseguito in anestesia plessica e alla fine viene applicato un bendaggio compressivo da mantenere fino alla rimozione dei punti.
Il post-operatorio si svolge attraverso le seguenti tappe:
  • medicazione dopo una settimana;
  • rimozione dei punti a due settimane;
  • ripresa delle attivita' lavorative non manuali alla rimozione dei punti;
  • ripresa delle attivita' lavorativa manuale circa quindici giorni dopo la rimozione dei punti.
Non vi sono contrindicazioni assolute. nei pazienti scoagulati e' necessario sospendere l'anticoagulante embricandolo con altri prodotti a minore rischio di sanguinamento post--operatorio.
Nei casi in cui clinicamente  e attraverso l'elettromiografia si documenta una totale denevrazione, l'intervento potrebbe non dare beneficio alcuno.
Complicanze:
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi (collaterali o il nervo ulnare stesso)
  • danni vascolari
  • cicatrici dolorose, pruriginose o cheloidee
  • recidiva.

Sindrome del tunnel carpale

La sindrome del tunnel carpale è una compressione del nervo mediano a livello del polso da parte del legamento trasverso del carpo, ovvero una struttura legamentosa che si colloca al di sopra del nervo stesso e che, in particolari condizioni, può ispessirsi e portare a una riduzione dello spazio nel quale il nervo risiede. Il nervo può essere compresso anche in conseguenza di una frattura di polso consolidata viziosamente o immobilizzata con un gesso in posizione di flessione troppo marcata.
In alcune patologie come l'artrite reumatoide le guaine dei tendini che scorrono sotto il nervo mediano nel canale carpale possono riempirsi di tessuto patologico, detto panno sinoviale, diminuendo lo spazio a disposizione per il nervo stesso e causandone una compressione.
La sindrome del tunnel carpale provoca una serie di sintomi a carico della porzione palmare del pollice, dell''indice, del medio e di metà dell'anulare. Tali sintomi sono principalmente il formicolio e il dolore, particolarmente notturno: il paziente si sveglia con la mano addormentata e dolente, con una percezione di spilli che pungono i polpastrelli.
L'esame che consente di porre diagnosi è una valutazione clinica e l'elettromiografia, procedura che determina lo stato di degenerazione del nervo, e quindi la prognosi; un nervo compresso per molti anni, infatti ha scarse capacità di recupero, anche con l'intervento chirurgico (fatto importante da ricordare al paziente).
L'intervento consiste in un'incisione a livello del palmo della mano, seguita da una sezione del legamento trasverso del carpo e una verifica delle condizioni del nervo mediano sottostante, con la liberazione dello stesso da eventuali aderenza. Se sussistono altre condizioni come quelle citate precedentemente il panno sinoviale dell'artrite reumatoide o spicole ossee, o esiti di fratture, è ovviamente necessario rimuovere tali fattori.
L'intervento viene eseguito in anestesia locale o plessica e alla fine viene applicato un bendaggio compressivo da mantenere fino alla rimozione dei punti.
In alcuni Centri l'intervento viene eseguito in endoscopia, utilizzando fibre ottiche e una speciale lama che viene estratta una volta giunti sul legamento trasverso del carpo. Tale procedura consiste in un incisione più breve e quindi tempi di recupero più rapidi.
Il post-operatorio si svolge attraverso le seguenti tappe:
  • medicazione dopo una settimana;
  • rimozione dei punti a due settimane;
  • ripresa dell'attività lavorativa non manuale alla rimozione dei punti;
  • ripresa dell'attività lavorativa manuale circa quindici giorno dopo la rimozione dei punti.
L'intervento è indicato in caso di compressione del nervo mediano a livello del canale carpale per sindrome del tunnel carpale, sinovite dei flessori, esiti di fratture di polso.
Non vi sono controindicazioni assolute. Nei pazienti scoagulati, è necessario sospendere l'anticoagulante embricandolo con altri prodotti a minore rischio di sanguinamento post-operatorio. Nei casi in cui clinicamente e attraverso l'elettromiografia si documenta una totale denevrazione, l'intervento potrebbe non dare alcun beneficio.
Complicanze.
  • infezioni
  • ematomi locali
  • edema persistente delle parti  molli
  • algodistrofia riflessa
  • danni nervosi per lesioni iatrogene di nervi (collaterali o il nervo mediano stesso)
  • danni vascolari
  • cicatrici dolorose. pruriginose o cheloidee
  • recidiva.

Diritti del paziente e dell'ospite

  1. Ogni malato ha il diritto di usufruire di un assistenza sanitaria pubblica e qualificata, senza divenire oggetto di qualsiasi forma di favoritismo e clienteismo.

  2. Ogni malato ha diritto di essere tutelato da ogni forma di abuso commesso nei suoi confronti nell’ambito del procedimento terapeutico o comunque all’interno di strutture sanitarie.

  3. Ogni malato ha il diritto di essere assistito da personale sanitario chiaramente identificabile, sia per qualifica che per grado di responsabilità. Tutto il personale deve essere munito di cartellino identificativo ben leggibile.

  4. Ogni malato ha diritto di controllare, attraverso le sue organizzazioni, il sistema di accettazione degli ospedali pubblici e convenzionati, per evitare ogni forma di corruzione, clienteismo e discriminazioni.

  5. Ogni malato ha diritto, attraverso le sue associazioni nazionali, di partecipare alle contrattazioni collettive tra Governo, amministrazioni regionali, locali  sindacali dei lavoratori ospedalieri, allo scopo di afre presente le esigenze dei degenti in ordine alla gestione die servizi, alla regolamentazione degli orari, all’organizzazione delle prestazioni sanitarie.

  6. Ogni malato ha diritto di conservare il proprio nome e cognome in ospedale, eliminando la prassi diffusa di essere chiamato con il ”tu” al posto del ”lei”, oppure col nome della malattia, con il numero del letto o con diminutivi e vezzeggiativi impropri.

  7. Ogni malato ha diritto di evitare , quando non sia necessario, l’uso el pigiama, utilizzando vesti più funzionali all’esercizio della mobilità e di ogni altra attività compatibile con le condizioni d el soggettivo.

  8. Ogni malato ha diritto di usufruire di servizi igienici puliti ed in proporzione adeguata al numero dei degenti. I servizi devono essere forniti mdi accessori come specchi, carta igienica, salviette, docce e ausili per disabili. I servizi igienici dovranno inoltre essere forniti di indicatore ”libero”  ”occupato” ,

  9. Ogni malato ha diritto m a trascorrere la propria degenza in ospedale in ambienti che rispettino la dignità e la riservatezza della persona. Non quindi in corsie affollate, ma in  stanze con numero limitato di letti fornite di arredamento funzionante confortevole.

  10. Ogni malato ha diritto all’uso si sale per incontri, per letture, per svago; a locali di ristoro; a punti vendita di giornali, libri e altri strumenti di svago.

  11. Ogni malato da il diritto di vivere, anche durante la degenza, a contatto con parenti e amici, Va quindi disciplinato l’accesso in modo opportuno, nell’interesse dei ricoverati in fasce orarie compatibili con le esigenze d ei visitatori , e del reparto che non siano di intralcio nelle attività sanitaria.

  12. Ogni malato ha diritto di vivere la giornata di degenza secondo gli orari consueti della vita civile pe quanto riguarda la sveglia, i pasti e il riposo notturno.

  13. Ogni malato ha diritto di ricevere cibo di buona qualità, caldo secondo diete adeguate e variate e che non sia distribuito durante le visite mediche o altri interventi sanitari. Non deve essere obbligato a mangiare aletto , ove non sia richiesto  dalle sue condizioni di salute (nel caso gli è dovuta assistenza necessaria) e ad usufruire di uno spazio mensa organizzato che favorisca un momento di distensione e si socializzazione.

  14. Ogni malto ha diritto ad essere assistito da personale ospedaliero adeguatamente preparato e in numero tale da non rendere necessario il ricorso di assistenza integrativa retribuita , in particolare durante le ore notturne.

  15. Ogni malato ha diritto a un’assistenza tempestiva, efficace , soprattutto nei confronti di situazioni i disagio e di sofferenza , evitando episodi di incuria, indifferenza, superficialità, maleducazione, e carenza da parte del personale sanitario.

  16. Ogni malato ha diritto di ricevere un’ informazione comprensibile, continuamente aggiornata, coerente, sugli atti diagnostici e terapeutici cui è sottoposto , sui relativi tempi di esecuzione, sul loro significato, sui rischi connessi, su eventuali ritardi variazioni del programma clinico previsto. La cartella clinica, debitamente compilata, deve essere consultabile in ogni momento.

  17. Ogni malato ha diritto ad essere ascoltato sul suo stato di salute ; a veder trascritto sulla cartella clinica quanto riferito da lui stesso, e prender visione del diario clinico giornaliero.

ESERCIZI DI RIEDUCAZIONE POST-INTERVENTO DI PROTESI DELL'ANCA


QUELLI CHE SEGUONO SONO SEMPLICI ESERCIZI DA SVOLGERE QUOTIDIANAMENTE  UTILIZZANDO SOLO UNA SEDIA E UNA FASCIA ELASTICA, REPERIBILE FACILMENTE SUL MERCATO.
SEGUIRANNO ALCUNE RACCOMANDAZIONI RIGUARDO MOVIMENTI CHE SARANNO INVECE DA EVITARE.

Movimenti dell'arto operato da eseguire effettuando 10 ripetizioni di ogni esercizio, 3-4 volte al giorno.

Esercizi in posizione supina
  1. Tenere la gamba distesa e contrarre i muscoli della coscia per alcuni secondi, poi rilasciare.  
  2. Tenere la gamba distesa e contrarre i glutei per alcuni secondi, poi rilasciare.
  3. Tenere la gamba distesa e muovere il pieve con andamento circolare, ruotando la caviglia in entrambe le direzioni, alternando.
  4. Tenere la gamba distesa e muovere la punta del piede versi di sè e poi verso il basso, flettendo la caviglia.
  5. Piegare ginocchio e anca, e far scivolare lentamente il tallone verso i glutei, per poi tornare alla posizione di partenza.           
  6. Sollevare di qualche centimetro la gamba operata, tenendola ben tesa, mantenere la posizione e abbassarla lentamente dopo 5-10 secondi.
  7. Far scorrere la gamba operata di lato, verso l'esterno, poi tornare lentamente alla posizione di partenza.


Esercizi da eseguire reggendosi sulla gamba non operata e appoggiandosi ad un sostegno (sedia). Effettuare 10 ripetizioni di ogni esercizio , 3-4 volte al giorno.

  1. Sollevare la gamba anteriormente, fino all'altezza della vita, flettendo il ginocchio. Abbassarlo lentamente dopo qualche secondo.
  2. Sollevare lateralmente la gamba, verso l'esterno tenendo la gamba ben tesa. Dopo qualche secondo tornare alla posizione di partenza. 
  3. Sollevare la gamba all'indietro lentamente, tenendo al gamba ben tesa. Dopo qualche secondo tornare alla posizione di partenza. 
Esercizi da eseguire in piedi, appoggiandosi ad un sostegno, assicurando la caviglia della gamba operata d un elastico legato ad un punto fisso (es. termosifone). Effettuare 10 ripetizioni di ogni esercizio, 3-4 volte al giorno.
  1. Muovere la gamba in avanti, tenendola ben tesa, poi tornare alla posizione di partenza. 
  2. Muovere la gamba lateralmente verso l'esterno, tenendola ben tesa. Dopo qualche secondo tornare alla posizione di partenza. 
  3. Muovere la gamba all'indietro, tenendola ben tesa. Dopo qualche secondo tornare alla posizione di partenza.
Ricordare sempre: SALE LA GAMBA SANA, SCENDE LA GAMBA OPERATA
  1. Per salire portare in avanti la gamba sana, quindi le stampelle, poi la gamba operata. 
  2. Per scendere posizionare le stampelle sul gradino inferiore, portare avanti la gamba operata e infine quella sana. 

5 COSE DA NON FARE DOPO L'INTERVENTO
  1. Non sedersi su sedie troppo basse. 
    no si
  2. Non utilizzare il water senza l'apposito dispositivo alza-water. 
    no si
  3. Non accavallare le gambe. 
  4. Evitare tutti i movimenti in cui si effettua una flessione-adduzione-rotazione interna dell'arto inferiore, fare attenzione nel legarsi le scarpe e indossare le calze). 
     
  5. Non dormire senza cuscino tra le ginocchia. 
    no si
Seguite questi semplici esercizi e seguite le poche regole elencate per migliorare la vostra riabilitazione. Buon allenamento!!

10 REGOLE PER L'ASSISTENZA SANITARIA AGLI IMMIGRATI








  1. Tutti gli stranieri non appartenenti all'Unione Europea che si trovano in Italia con regolare permesso di soggiorno per i motivi: lavoro, motivi famigliari, asilo politico, asilo umanitario, richiesta di asilo, attesa di adozione, affidamento, acquisto della cittadinanza, hanno l'obbligo di iscriversi al Servizio sanitario nazionale. Imponendo l'obbligatorietà si vuole facilitare la tutela della salute degli stranieri anche a garanzia della salute di tutti. 
  2. Con l'iscrizione si hanno gli stessi diritti e doveri di assistenza che vengono riconosciuti ai cittadini italiani. Questo rende tutto più facile:quello che è previsto per i cittadini italiani ad esempio medicina preventiva, medicina generale, visite ed esami specialistici, ricoveri, assistenza farmaceutica, esenzione ticket, etc.., vale anche per gli stranieri immigrati iscritti al Ssn.
  3. L'assistenza è garantita anche ai famigliari a carico che soggiornano regolarmente.
  4. L'iscrizione si effettua presso l'Asl di residenza o di dimora, cioè quella che è stata indicata sul permesso di soggiorno, e vale fino allo scadere del permesso di soggiorno, i documemti necessari da presentare sono il permesso di soggiorno, il codice fiscale e il certificato di residenza. Se lo straniero non ha la residenza  italiana, dovrà presentare una sua dichiarazione scritta di dimora abituale. Nel caso in cui uno straniero che  ne ha obbligo/diritto, non ha ancora formalizzato la sua iscrizione, riceverà comunque assistenza in caso di necessità, anzi in questo caso l'iscrizione sarà fatta d'ufficio. Per mantenere l'iscrizione una volta scaduto il permesso di soggiorno, è sufficiente presentare all'anagrafe sanitaria il cedolino della richiesta di rinnovo che viene rilasciato dalla Questura.
  5. Gli stranieri studenti, collocati alla pari, e quelli con permesso di soggiorno per altri motivi per esempio per residenza elettiva, o motivi religiosi, hanno due possibilità: possono sottoscrivere una polizza assicurativa privata riconosciuta in Italia contro il rischio di malattie e infortunio e per la tutela della maternità, o iscriversi volontariamente al Ssn pagando una quota fissa annuale che varia a secondo della tipologia di permesso. Con l'iscrizione volontaria al Ssn possono essere assistiti anche eventuali figli a carico, questo vuol dire che questi bambini possono avere il pediatra di libera scelta. Questa iscrizione ha validità annuale e va quindi rinnovata.
  6. Se lo straniero possiede un permesso di soggiorno per breve durata, per esempio per affari o per turismo, deve avere un'assicurazione privata, o in alternativa pagare per intero tutte el cure e prestazioni eventualmente ricevute. Queste due categorie non possono quindi iscriversi al Ssn.
  7. Anche per gli stranieri irregolari, cioè privi di permesso di soggiorno valido, sono comunque garantite, nei presidi pubblici e privati accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, anche continuative, per malattia e infortunio e gli interventi di medicina preventiva. In particolare vengono assicurati:     La tutela della gravidanza e della maternità;
    La tutela della salute del minore;
    Le vaccinazioni e gli interventi di profilassi internazionale;
    La profilassi, la diagnosi, e  la cura delle malattie infettive
     L'erogazione di queste prestazioni è legata ad una tessera/codice "STP" (Straniero Temporaneamente Presente) rilasciato dalle Aziende sanitarie.
    Queste disposizioni nascono soprattutto ad esigenze di sanità pubblica perchè la clandestinità sanitaria non conviene a nessuno!!
    Per cure "essenziali" si intendono "le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, di patologie che non sono pericolose nell'immediato e a breve termine, ma che con il passare del tempo potrebbero recare maggiore danno alla salute o un vero e proprio rischio per la vita (complicanze, cronicizzazioni, aggravamenti)".
  8. Se lo straniero risulta indigente, le prestazioni citate al punto 7. sono assicurate senza spese a loro carico, ad eccezione dei casi in cui, come avviene per gli stranieri regolare e per gli italiani, sia previsto il pagamento del ticket. Lo stato di indigenza deve essere dichiarato compilando un modulo che è allegato alla circolare ministeriale n. 5/2000.
  9. La legge vieta alle strutture sanitarie di segnalare alle autorità di polizia la presenza di irregolari, tranne nei cas in cui sia obbligatorio il referto, come per gli utenti italiani. Se ciò avvenisse in brevissimo tempo nessun clandestino si rivolgerebbe più alle strutture sanitarie e questo è proprio quello che bisogna evitare! Non ci sarebbe infatti nessun'altra possibilità efficace di verificare le condizioni di salute di queste persone che comunque sono presenti sul nostro territorio nazionale, a tutela della salute dell'intera collettività!! Inoltre il compito degli operatori e dell'organizzazione sanitaria è di aiutare chi sta male.
  10. Chi vuole venire in Italia per essere curato deve prima ottenere un visto di ingresso e un permesso di soggiorno per cure mediche. Per ottenerlo è necessario soddisfare una serie di requisiti e adempimenti di natura giuridico-amministrativa (dichiarazione della struttura sanitaria prescelta, pubblica o privata accreditata, che indichi il tipo di cura e la sua presumibile durata), economica (versamento alla stessa struttura di un deposito cauzionale pari al 30% del costo complessivo presumibile delle prestazioni richiesta), e sociale (documentazione comprovante disponibilità di vitto e alloggio fuori dalla struttura sanitaria e di rimpatrio per l'assistito e per un eventuale accompagnatore).
Queste regole sono state stabilite dal Ministero della Salute e interessano gli operatori sanitari, ma anche tutti i cittadini italiani e gli stranieri e vogliono venire in Italia o che sono già presenti sul territorio nazionale.
Se sei uno straniero e la tua posizione non è regolare non hai nulla da temere recandoti in ospedale se hai problemi di salute. Come hai potuto leggere non spetta a noi sanitari denunciare le persone o occuparci di clandestinità.. Il nostro compito è solo ed esclusivamente quello aiutare tutti coloro che stanno male. Attraversi l'assistenza e la cura del benessere fisico del singolo, miglioriamo la qualità di vita e salute di tutta la collettività.
Alessia Pozzi

INFILTRAZIONE ARTICOLARE DI SOSTANZA


L'infiltrazione di sostanze farmacologiche all'interno delle articolazioni rappresenta una valida soluzione a molte patologie dell'apparato osteo-muscolare.
Si distinguono due diversi tipi di trattamenti infiltrativi, uno è a base di cortisonici l'altro a base di acido januronico. Inoltre si distinguono anche in base alla zona infiltrata con il farmaco, fra trattamento intra-articolare e peri-articolare. Nel primo caso la sostanza viene infiltrata direttamente all'interno dell'articolazione, mentre il secondo viene infiltrato nei tessuti muscolari, sottocutanei, tendinei e ossei.
Il trattamento a base di cortisone è prevalentemente utilizzato nelle varie forme infiammatorie, e l'effetto del farmaco è locale e spesso si associa con l'anestetico sempre localmente, per lenire il dolore. I cortisonici maggiormente utilizzati sono il triacinolone acetato, il metilprendisone acetato e il desametasone fosfato, mentre come anestetico si utilizza solitamente la carbocaina o la mepicaina.
Le infiltrazioni a base di acido januronico, a basso o ad alto peso molecolare, viene generalmente utilizzato per le infiltrazioni intra-articolari, e il suo effetto è trofico sulla cartilagine e di visco- supplementazione all'articolazione.
Spesso il trattamento non risolve il problema con una sola infiltrazione, ma viene programmato un ciclo di 3-4 procedure a scadenza settimanale.

PROCEDURA  

Come abbiamo detto l'infiltrazione consiste nell'iniezione di una sostanza medicamentosa nel cavo articolare o nei tessuti da trattare attraverso un ago montato su una siringa.
Se si osservano le comuni norme igieniche non causa rischi particolari.
Il materiale necessario per l'esecuzione consiste in guanti sterili e non, una siringa delle dimensioni necessarie a contenere il farmaco, un ago di dimensioni sufficienti, batuffoli sterili e non e disinfettante per la zona da trattare. A seconda della zona trattare e se l'esame va eseguito all'interno dell'articolazione dovremo allargare il campo sterile e valutare il tipo guanti che dovrà utilizzare l'operatore che esegue la procedura.
Solitamente l'infiltrazione non provoca effetti collaterali, ma vanno comunque seguite alla lettera le indicazione prescritte e osservare un breve periodo di riposo.
La procedura è indicata in caso di:
Artrosi
Artrite reumatoide
Idartri
Periartriti
Tendiniti, epicondiliti, sindrome del tunnel carpale e tarsale, dita a scatto, rizoartrosi

Le controindicazioni al trattamento di distinguono in : 
Assolute: 
sospetta artrite settica o sepsi batterica
strati settici cutanei locali
allergie al farmaco
fratture all'articolazione da infiltrare
alterazione della coagulazione incontrollabile

Mentre come già sappiamo le complicanze sono rare, tuttavia possono manifestarsi:
infezioni superficiali
artrite settica
recidiva del versamento articolare
emartro
ecchimosi sottocutanea
dolore locale
atrofia cutanea e sottocutanea
effetti sistemici come rialzo della glicemia e della pressione sanguigna.

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